Per qualche verso il razzismo è una parola vuota perché non rispecchia, come apparentemente sembrerebbe, un ideale o un sentimento o una opinione né tantomeno una ideologia. Il razzismo è una sottospecie che appartiene alla più ampia e vasta famiglia della DISCRIMINAZIONE. Quindi il lato peggiore del razzismo non è tanto legato alla contrapposizione di razze diverse, una delle quali si ritiene superiore all’all’altra e viceversa, ma ben peggio al fatto di essere sintomo di discriminazione, che ha radici ben più profonde e malefiche. La differenziazione razziale poi è una ulteriore fandonia che tende a mettere in ombra il fatto che esiste una sola razza su questo pianeta, cioè la razza umana.
Tra gli anni ’50 e ’60 in America non si parlava tanto di razzismo ma di discriminazione razziale. Questa è una più adeguata descrizione del razzismo che viene logicamente subordinato al fatto di essere discriminante.
Ora c’è da domandarsi perché la discriminazione è più grave del razzismo.
Beh! In primis perché il razzismo, come dice la parola, si riferisce ad una differenza di razze. La discriminazione invece ha molteplici facce. Quindi possiamo fare un elenco più o meno breve citando oltre alla discriminazione razziale, quella religiosa, quella sessuale, quella politica, e altro. Questa puntualizzazione terminologica deve far pensare che chi pratica il razzismo è tendenzialmente un individuo discriminante, qualcuno cioè che, così come facilmente si contrappone ad una razza diversa dalla sua, potenzialmente potrebbe avere la stessa predisposizione a contrapporsi a chi non è della sua stessa confessione religiosa, che non appartiene alla sua ideologia politica o che ritiene il suo sesso superiore a quello a cui non appartiene.
Perciò il personaggio razzista assume una connotazione discriminante ben più grave nel momento in cui risiedono in lui le potenzialità che lo spingono ad assumere un atteggiamento predominante rispetto a tutto ciò che non gli appartiene o meglio a tutto ciò che non riesce a controllare.
Sebbene l’attrazione verso il controllo totale sia una prerogativa comune a tutti o a molti (almeno per quanto concerne quest’epoca di smarrimento per cui perdere il controllo è sinonimo di destabilizzazione morale, intellettuale, psicologia e soprattutto emotiva), per il personaggio razzista la perdita di controllo ha una connotazione ben diversa che scaturisce da una forte mancanza di fiducia in se stesso, nei propri valori, nella propria morale e nella propria capacità di esercitare in assoluta autonomia un senso critico della realtà che lo circonda. Questo è confermato dal fatto che molto spesso, se non sempre, il personaggio razzista si rifà a ideologie che non gli appartengono ma che soddisfano la mancanza di idee sue proprie, e nel fare proprie le ideologie che non gli appartengono rinuncia completamente ad ogni senso critico accettando a priori qualsiasi dettame o principio sia contenuto nella ideologia a lui più consona.
Ecco perchè il razzismo è un concetto vuoto e sensa significato e che di conseguenza si manifesta poi nelle forme più svariate proprio perché non essendo basato su una ideologia di sani principi, si alimenta di volta in volta con le tendenze individuali dei personaggi che assumono atteggiamenti razzisti che esternano i loro sentimenti attraverso azioni di varia tipologia e natura prettamente discriminatoria.
Ne consegue che il razzista di per sé è un elemento che tende alla discriminazione e l’individuo di questo genere è molto più comune di quanto non lo sia il più semplice personaggio razzista.
L’individuo discriminante è in qualche modo alimentato da una sorta di egocentrismo che lo spinge a credere di essere superiore agli altri. Il bianco a quello di colore, l’uomo alla donna, il virile al gay, il violento al pacifico, il furbo all’onesto. Questa tendenza alla prevaricazione può avere radici psicologiche ma molto più spesso e più semplicemente ha la sua origine da una profonda carenza educazionale e una scarsa o addirittura assenza delle più basilari conoscenze della vita sociale. Personaggi di questo genere sono ovviamente più soggetti alla manipolazione e quindi facilmente raggirabili o manovrabili attraverso i media o attraverso associazioni e corporazioni create o studiate appositamente, spesso per scopi ben specifici. La loro mancanza di cultura li rende facili vittime di questi perversi meccanismi che li trasformano, a loro insaputa, in marionette capaci di mettere in atto quegli atti criminosi a cui purtroppo si assiste sempre più spesso e che una persona equilibrata e capace di fare buon uso di una cultura media e delle sue capacità intellettive non si sognerebbe mai di commettere.
Le sette religiose sono una forma discriminante di fede che esclude i non adepti a partecipare alle loro riunioni. Le associazioni calcistiche sono discriminanti verso i tifosi che non appartengono alla tifoseria di quella determinata squadra. I partiti politici analogamente sono discriminanti fra loro fin quando non trovano il modo di accordarsi per mutui vantaggi politici. E infine le religioni sono discriminanti fra loro nel momento che ciascuna vanta che il proprio dio è quello vero.
In conclusione il vero pericolo non è il razzismo, punta di un iceberg assai più grande che si chiama DISCRIMINAZIONE, e che vorrebbe che una parte dell’umanità sia migliore di un’altra e più degna di stare su questa terra.
Su quali principi si basi questo pensiero non è dato sapere.
26-02-2018