Che strana cosa è la poesia

A scuola imparavo le poesie a memoria perché era così l’usanza d’insegnarle.
Del Carducci ricordo “l’albero a cui tendevi la pargoletta mano” dedicata al figlio Dante in “Pianto Antico”.
Di Leopardi imparai i versi dedicati “a Silvia”.
Di Pascoli “La cavallina storna”.
Di Cecco Angiolieri la rabbia di “S’io Fossi Foco”.
Beatrice, tanto gentile e tanto onesta pare” questa sconosciuta che “… si va sentendosi laudare …” di cui Dante s’era invaghito.
Ricordo “Vanno ancora i ragazzi e le ragazze da Siever a bere il sidro dopo cena…? di E.L. Masters nel suo “Sentore del fumo d’autunno”.
E poi, Papini e la sua “Vergine Cuccia”, e molti altri fino a Quasimodo, Raboni, Porta, Bertolucci, Sereni, Ungaretti, Montale e via dicendo.

Ma chi erano questi sommi poeti?
Per anni rimasero dei perfetti sconosciuti dei quali nulla seppi delle loro vite, dei loro pensieri, delle loro storie. Nulla veniva insegnato a scuola se non le loro opere sublimi. Solo con il tempo la mia infinita curiosità mi ha spinto a studiarne la segreta esperienza di vita di ciascuno di essi domandandomi al tempo stesso da dove scaturisse la loro arte, quale strana magia possedessero per scrivere versi così intensi e appassionati. Per alcuni era l’amore, per altri la nostalgia, per molti la sofferenza e il dolore.

E così ho scoperto che S. Quasimodo, D. Campana, G. D’Annunzio F. G. Damiani e altri furono tutti amanti di un’altra grande poetessa e scrittrice: Sibilla Aleramo, anima tormentata e indomita contro le avverse vicissitudini sentimentali, vissute con immensa passione e ardimento. Non tutti però furono così fortunati e a Leopardi non rimase che il dolce ricordo di Silvia che lo accompagnò a lungo durante il suo travagliato soggiorno a Napoli, in vicinanza della sorella, dove poi si spense.
Carducci visse invece il suo travaglio prima per il suicidio del fratello e poi per la morte prematura del su amato figlio Dino.
Per il Pascoli la tragedia fu la morte del padre ucciso da ignoti durante il suo rientro a casa, quando Giovanni aveva appena undici anni.
Ungaretti fu segnato dalla terribile esperienza della guerra che combatté sul Carso.
Baudelaire, Mallarmè, Rimbaud, Verlaine furono definiti “poeti maledetti” per l’esasperato esistenzialismo che li aveva spinti a provare sensazioni estatiche con l’uso di droghe e di assenzio.

Dilungarmi nelle biografie di tutti i poeti non è lo scopo di questo scritto bensì lo è mettere in evidenza quanto per conoscere la loro poesia sia importante sapere il vissuto dei poeti, le loro passioni, le angosce, le vicissitudini spesso tragiche che hanno dato vita alle loro opere.

24-10-2018

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