Alla fine di una giornata terribile non aveva quasi più la forza di parlare. A mala pena riusciva con fatica a tornare a casa. Aveva speso tutte le sue energie per lottare, come ogni giorno, contro la vita. Quella vita dura che richiedeva il suo coraggio, la sua dedizione, il suo impegno costante per sopravvivere e far sopravvivere il suo bambino. Ogni giorno lottava con tutte le forze per quel misero pane che poteva portare a casa.

Sulla strada del ritorno si trascinava esausta fino alla sua porta. La sua modesta casa era lì ad aspettarla senza fretta. E lei senza fretta vi faceva ritorno. Ma dentro di sé cresceva l’ansia di riabbracciare il suo figliolo. Si sarebbe fermata presso la sua vicina, una cara e affezionata amica, che glielo teneva in custodia per tutto il giorno. E lei, prima di tornare a casa, passava a riprenderselo. Così, con il suo piccolo fra le braccia, pareva aver ritrovato uno strano vigore e dal suo volto come per magia sembrava scivolar via qual velo di tristezza che le angustie, i dolori e le fatiche della sua giornata le avevano disegnato in viso.

Dietro di sé, la porta sgangherata si chiuse stridendo. Ora era al sicuro, lontano dalla fatica, lontano dal mondo, lontano dai dolori. Il suo piccolo fra le braccia le dava una nuova forza. Era tutto ciò per cui valeva la pena combattere. Allora dondolandolo pian piano, come un bisbiglio, cominciò a cantare. Intonando prima delle note confuse a delle parole quasi incomprensibili. Poi, man mano che la voce si faceva più chiara ed intonata, si cominciò a sentire una musica melodiosa, quasi soffiata nel vento, sottovoce, sussurrata per non destare il suo piccino che ormai, dopo un profondo respiro di abbandono, si era addormentato. Continuò ancora per un po’, con voce sommessa, quella strana ninna- nanna che suo nonno le cantava quando era bambina. Le parole sembravano una filastrocca:

You say yes

I say no

You say why

and I say I don’t know

You say Good-by

I say Hello

Hello Hello

I don’t know why you say Good-by

I say Hello

18-12-1999